Fu Carlo Magno a chiamare ‘piccola Francia’ quella che poi si denominerà ‘Francia corta’, una terra bresciana ricca di storia, di cultura, di arte, di tradizioni popolari: una vasta area di origine morenica e glaciale, estesa tra la Pianura Padana e il lago d’Iseo, di clima mite e dolcemente ventilata, una terra fertile, ricca di acque sorgive sita a Sud della Val Camonica, che della vite coltivata ha fatto il suo emblema: vini raffinati e prelibati, vivaci e spumeggianti, resi celebri sulle più ricercate tavole gastronomiche d’Italia e del mondo. Una storia, quella della ‘Francia corta’ o ‘curtes Francae’ (per via della libertà che si godeva dai dazi), che è parte della storia della nostra penisola italica: referti archeologici ci riportano all’impero romano e ai Longobardi.
In epoca medievale in ‘Francia corta’ ebbero a duellare filo papali o imperiali (guelfi e ghibellini), francesi, spagnoli e veneziani; più vicini a noi, alla nostra storia d’Italia, sono i fatti legati alle guerre d’indipendenza, con le figure di Garibaldi e del re Vittorio Emanuele di Savoia. Insomma, una storia colma di avvenimenti drammatici frammisti a ‘bollicine’.
Concimare, irrigare, potare, ‘aggiustare’ il terreno dalle irregolarità, analizzare i fertilizzanti naturali più adatti alla terra o contro i parassiti e gli insetti, scegliere i sostegni più adatti perché la vite cresca in orizzontale o verso l’alto o in altro modo; le geometrie degli allevamenti della vite, quindi, possono variare in base alle difficoltà o opportunità offerte dal terreno: anche l’acqua gioca un ruolo fondamentale, così come l’esposizione solare e la temperatura, i venti e la latitudine.
E’ però sempre l’uomo contadino, alla fine, seppure coadiuvato da tecnologie e nuove conoscenze biologiche, a scegliere tempi e modi e mezzi per ottenere un’abbondante vendemmia di qualità. A maturazione completa dell’acino è possibile vendemmiare (un po’ anticipata per le uve bianche e un po’ ritardata per le rosse). E’ proprio dalla raccolta delle uve che inizia il percorso della vinificazione, che prosegue con la pigiatura e termina con la fermentazione alcolica, che è il processo biochimico attraverso il quale gli zuccheri e l’acqua dell’acino diventano alcool e anidride carbonica; il mosto ottenuto viene trasferito nella botte o vasca la quale deve essere colma a ¾ perché durante la fermentazione il mosto aumenta di volume; l’ambiente che ospita le vasche per la fermentazione, non deve avere una temperatura superiore ai 18 gradi e la durata della fermentazione varia ed è intorno ai 7-14 giorni. Quello che residua dalla vinificazione, le vinacce e le fecce, sono ancora materia vinicola eccellente per i distillatori. La scelta delle botti in rovere o i contenitori in acciaio inox, dipende dalla tipologia dei vini: qui rimarranno a riposare finché non è finito il processo di fermentazione ed è a questo punto che il vino diventa vulnerabile a contato con l’aria e la gestione delle chiusure deve essere estremamente professionale: se il vino cala nei contenitori va assolutamente ripristinato il suo livello. Il vino subirà ancora due - tre o più travasi verso la purezza, operazioni molto delicate che vanno eseguite con competenza prima di giungere all’imbottigliamento, tappa decisiva la cui scelta della data ha fatto discutere intere generazioni di viticoltori, per giungere poi allo stoccaggio delle bottiglie in orizzontale.
E voi dove vi piace andate, acque turbamento del vino, andate pure dagli astemi: qui c’è il fuoco di Bacco.